Come molti suoi contemporanei, Alexander Csoma di Körös è convinto che le origini del popolo e della lingua ungheresi vadano ricercate in Oriente. Il 23 dicembre 1819, questo grande esperto di lingue, che parla ben tredici idiomi diversi, parte a piedi alla scoperta delle radici della cultura ungherese. Otto anni dopo giunge al monastero buddhista di Kanam, alle falde dell’Himalaya, dove si ferma per tre anni. Qui, legge e traduce i testi sacri tibetani, redige un dizionario tibetano-inglese e una grammatica tibetana. Morirà a cinquantotto anni dopo aver appreso altre sette lingue ma senza aver raggiunto il suo scopo iniziale. Questo film non è né una biografia, né un documentario, bensì un’opera sperimentale che traduce le impressioni sensoriali di Csoma attraverso immagini suggestive e dolci sonorità. Le leggende popolari intorno alla sua figura, ad esempio, vengono illustrate da una serie di animazioni a colori. Le riprese sono invece state effettuate tra i monasteri dell’Himalaya e in India. I colori sono tenui, quasi impercettibili, mentre i dialoghi e il sonoro seguono un andamento musicale, creando un’atmosfera contemplativa affascinante.
Regista
Tibor Szemzo