Cosa ha spinto per la prima volta gli uomini a raggiungere la cima di una montagna quando si trovavano ai suoi piedi? La vetta riuscirà a fornire un’immagine più chiara della nostra complicata esistenza? Lì volano gli angeli? O si deve lottare con i draghi? Il viaggio senza tempo attraverso le cime delle montagne d’Europa è la parte finale di un trittico sul significato culturale del paesaggio. “Sulla cima vi è al contempo la fine delle nostre battaglie e il fine a cui siamo destinati”: questa affermazione viene esplorata attraverso cinque momenti (e un epilogo) storicamente distanti e attraverso le testimonianze scritte lasciate da grandi personalità: Curiosando (1336): il poeta rinascimentale Francesco Petrarca con il fratello organizzò una sorta di spedizione per raggiungere la vetta del Mont Ventoux in Provenza per scoprire che cosa poteva offrire una montagna così alta. Essi furono i primi turisti; Montagne viventi (1518): Michelangelo a Carrara scava nelle fratture del terreno alla ricerca di rocce che racchiudono statue. Vorrebbe dover solo tagliare via frammenti di sasso per liberare le figure che nascondono; Rompendo l’uovo cosmico (1671): quando il teologo e scrittore Thomas Burnet attraversò le Alpi era convinto di stare osservando una grande rovina. Formulò una teoria che ebbe grande influenza di come quella confusione venne causata in natura; Ammassi mostruosi (1693): il critico e drammaturgo britannco John Dennis fu il primo ad esprimere il sentimento romantico del sublime nel suo diario di viaggio riguardante l’ascesa del monte Cenis; Tipi di draghi e luoghi sacri (1702): il religioso e scienziato Jacob Scheuchzer ha collezionato prove sull’esistenza dei draghi nelle Alpi svizzere; Monte Commedia: la cima del Mont Ventoux (3276 braccia): “All’inizio dovendo assuefarmi ad una qualità dell’aria cui non ero abituato e all’ampiezza del panorama davanti a me fui come stordito. Il sole che stava tramontando e l’allungarsi delle ombre della montagna ci avvertivano prontamente che era vicina l’ora in cui dovevamo rientrare. Era come se improvvisamente ci fossimo svegliati. Avevo visto abbastanza della montagna: girai i miei occhi su me stesso e da quel momento nemmeno una sillaba uscì dalle mie labbra. Tornammo dopo che si era fatto buio. Con la luna piena che ci guidava con la sua luce amichevole”.
Regista
Anna Abrahams
Anna Abrahams è project manager all' EYE Film Institute Netherlands e insegnante alla Royal Academy of Arts, filmmaker a Rongwrong.
Ha lavorato come regista al filmbank, come curatrice all' IDFA e come consulente al dipartimento R&D al Nederlands Fonds voor de Film.
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