Commento al Film “Mira” – con la protagonista Mira Rai
Pubblicata il 07/05/2017
di Christian Malacarne e Niccolò Giovannini
Nella serata del 5 maggio è stata proiettata la pellicola chiamata “Mira”, come l’omonima protagonista, Mira Rai, podista di straordinaria bravura e determinazione. Il film racconta la dura vita della giovane donna nata in Nepal: abituata fin da piccolissima a correre su e giù dalla montagna vicino al suo paese per portare l’acqua nella povera casa, ha coltivato questa sua dote fino a raggiungere livelli inaspettati (e mai sperati).
Fra i successi e le delusioni il regista ci guida nella sua storia attraverso riprese spettacolari e una storia unica, sotto diversi punti di vista: molto spesso si stima o giudica un’atleta solamente dal materiale della medaglia che porta al collo dopo una gara, ma molto spesso, quel pezzo di metallo non è altro che la minuscola punta di un iceberg. Rai è una donna straordinaria prima di essere un’atleta straordinaria.
“Nella vita le occasioni sono come una foglia sul fiume: se non la raccogli subito la perderai per sempre”. È con questa frase che Mira Rai ci accoglie nel suo documentario. Mira racconta del suo passato, della povertà, della sua famiglia che, seguendo un atteggiamento mentale imposto dalla tradizione, vede il padre e i suoi fratelli sul vertice della gerarchia domestica, lasciando la figura femminile in un ruolo subalterno.
La protagonista però si distanzia da questa visione: lei coglie la propria opportunità riuscendo così ad avverare il suo sogno. La straordinarietà di Rai è anche questa: in una società così chiusa e maschilista come quella Nepalese, per una donna è molto difficile persino poter partecipare ad una gara, se questa poi è in un paese confinante, diventa quasi impossibile.
Un elemento che non può e non dev’essere dimenticato, parte della sua personalità e della sua vita, è la felicità e il costante sorriso sulle labbra che non si cancella mai, neppure quando parla degli anni più difficili della sua vita, ovvero quelli dell’arruolamento nell’esercito Maoista per due anni, rimanendo lontana da casa e dalla famiglia.
“Io corro per divertirmi, perché mi piace, non per vincere: pensate – riferendosi al campanello di giornalisti che la interrogavano per strapparle un pensiero – che nella prima gara in Italia ho continuato a correre anche dopo l’arrivo, e degli uomini mi hanno fermata dicendomi che avevo vinto la competizione… e io non me ne ero neppure accorta!”.
Una scena particolarmente forte è quella in cui si mostrano i sobborghi di Kathmandu, ricolmi di povertà e abbandono; la scena però ha come sottofondo una musica molto melodica e allegra che crea un contrasto associabile a quello della mentalità molto intraprendente e forte di Mira all’interno della sua società. Questo sottofondo da un lato stona con quanto mostrato in questa sequenza, tuttavia si può notare come in un certo senso riesca a stemprare l’alone di malinconia. È questo che fa Mira con il suo carattere: la sua solarità, abbinata al messaggio fortemente femminista, può migliorare la situazione di migliaia di donne costrette in un regime di ineguaglianza e quasi impossibilità di rivalsa sociale.
Adatta la musica che ha accompagnato il film, a sottolineare le emozioni provate dalla donna Nepalese durante il suo percorso, sempre allegra, come Rai.