La montagna di Mario Brenta

Pubblicata il 15/01/2018

Domani alle ore 18:00, allo Spazio Alpino SAT nell’ambito del “Laboratorio alpino delle Dolomiti Bene UNESCO” proiettiamo uno dei film che ha riscosso particolare successo nella storia del Trento Film Festival: Barnabo delle montagne, di Mario Brenta (Italia, 1994 – 124’) Gran Premio al 43° Trento Film Festival 1995.

Alla proiezione sarà presente il regista, Mario Brenta, al quale abbiamo rivolto alcune domande.

La Natura, sotto diversi aspetti, è una delle protagoniste del film. Cosa rappresenta per lei la natura? E la montagna?
«La montagna – ha spiegato il regista - è il grande spazio aperto, immobile, silenzioso, ma solo in apparenza, solo se visto da lontano. Più ci si avvicina, più tutto diventa incerto, misterioso, ci si perde nei suoi anfratti imprevisti, in uno spazio avvolgente, sinuoso dove il tempo è sospeso nel silenzio, ma dove il silenzio è vivo, come i refoli di vento che accarezzano le rocce e come le rocce stesse che si aprono e si sgretolano nel trasalimento delle piccole frane e di quei loro timidi rumori furtivi. Ecco, allora, la montagna non è più quell’oggetto estraneo, diverso, forse talvolta anche ostile, ma diventa il luogo di un abbraccio vibrante e affettuoso che ci trascina nell’abisso della nostra interiorità, nel nostro personale mistero. La natura non è un semplice aspetto del mondo, una cosa inerte, un oggetto in contrapposizione al nostro essere soggetto. Essa è a sua volta soggetto con il quale siamo continuamente in relazione e con il quale condividiamo un medesimo linguaggio perché veniamo da una stessa matrice. Ecco allora appunto la montagna o, se vogliamo, le montagne, anch’esse come singoli individui, assumere una valenza che va oltre il loro significato primario. Diventano, con la loro verticalità, la loro maestosità, la loro dolce asprezza, il luogo del trascendente, dell’orizzonte ultimo, prima dell’imperscrutabile. Quell’assoluto cui l’uomo tende da sempre e da cui spera avere la grande ultima risposta: perché esisto, qual è il senso della vita?».

Come si può definire Barnabo delle Montagne?
«Barnabo delle Montagne, sia in quanto film, sia in quanto opera letteraria, è quello che si può definire un bildungsroman, ovvero una storia di formazione. E qui sta, credo, il suo valore di universalità, ovvero di cammino che ciascuno di noi è destinato a compiere. È il passaggio dalla giovinezza all’età matura che porta al riconoscimento delle proprie qualità, ma anche alla consapevolezza dei propri limiti e soprattutto alla loro accettazione che ognuno di noi è chiamato ad affrontare. E tutto ciò si produce dentro di noi come riflesso che viene dall’esterno, dal mondo, attraverso un dialogo continuo con esso».