Esplorazione desertica in condizioni estreme: l’impossibile raccontato da Max Calderan

Pubblicata il 29/04/2019

Oman, agosto 2008, linea del Tropico del Cancro, 360 km in 90 ore, con una temperatura di 54°C; Emirati Arabi Uniti, agosto 2014, 165km in 48 ore senza cibo né acqua, con una temperatura di 53°C; ancora Emirati Arabi, marzo 2016, 365km in 128 ore. Sono solo alcune delle incredibili imprese dell’atleta e esploratore italiano


Max Calderan, classe 1967, pratica per passione l’esplorazione desertica estrema. Attraversa in solitaria deserti ancora inesplorati, sfidando i suoi limiti e raggiungendo traguardi scientificamente inspiegabili. È detentore di tredici record mondiali riguardanti la disciplina sportiva estrema nel deserto, e non sembra avere alcuna intenzione di fermarsi. Il suo motto è «Quando qualcuno dice “impossibile”… Sento già che lo posso fare».

Nella sala del Muse, in un evento realizzato in collaborazione con Montura, Max ha invitato il pubblico a riflettere sulla figura dell’esploratore odierno e ha esposto le motivazioni che lo spingono a praticare questa disciplina estrema. I pilastri della sua filosofia di vita, che lo accompagnano fin dall’infanzia, sono: rifiutarsi di voler appartenere a un gruppo o essere uguale a qualcun altro, fare qualcosa che nessuno ha mai fatto prima, mettere i piedi dove nessuno è mai andato prima, affrontare sfide che nessuno possa ripetere. Alcune delle sue più grandi imprese, infatti, la dicono lunga sulla sua natura combattiva: Oman, agosto 2008, linea del Tropico del Cancro, 360 km in 90 ore, con una temperatura di 54°C; Emirati Arabi Uniti, agosto 2014, 165km in 48 ore senza cibo né acqua, con una temperatura di 53°C; ancora Emirati Arabi, marzo 2016, 365km in 128 ore.

Per Max, che riesce a percorrere 150km nel deserto bevendo solo mezzo litro d’acqua, il fascino tremendo dell’esplorazione è «essere consapevole dei limiti per scoprire che non ci sono limiti», un percorso che si raggiunge solo con «la preparazione, il lavoro, la disciplina», senza dimenticare ovviamente il sostegno degli “sponsor” più incoraggianti: gli amici e gli affetti famigliari.

Ecco cosa significa per Max essere esploratore. Valicare limiti inesplorati e scoprire un mondo che tanti non hanno mai raccontato. Anche se, in fin dei conti, «una parte di ciò che si è vissuto si potrà raccontare, ma un’altra parte non si racconterà mai perché il rischio è quello di non essere creduti».

Cosa succede, tuttavia, una volta che l’avventura finisce? Dopo giorni trascorsi in uno stato di sopravvivenza estrema, senza cibo né acqua, e addirittura in privazione da sonno, il livello di adrenalina e ormoni crea una dipendenza talmente intensa che per Calderan diventa addirittura difficile scegliere di uscire dal deserto. Si apre quindi il tema della coerenza, il portare avanti le proprie battaglie fino in fondo, rimettendosi in discussione nel momento in cui è necessario prendere delle scelte. Nell’esplorazione non ci sono alternative: le scelte sono definitive, quindi anche per uscire da un deserto bisogna essere preparati.

«La realtà» conclude Max «è che non varrebbe la pena vivere questa vita se non fosse una passione vera, se non utilizziamo ogni singolo minuto della nostra vita per fare qualcosa che gratifica e che fa stare bene».

Testo di Chiara Righi

Foto di Stefano Vanucci